Grandi dilemmi sulla sinistra | Bruno Concas

Ho iniziato a parlare di politica e a interessarmi della sinistra a 12 anni, in seconda media. Erano gli anni della nascita del Partito Democratico italiano, dell’ascesa di un giovane avvocato di Chicago che con il suo grande messaggio di speranza e cambiamento è riuscito a sconfiggere prima Hillary Clinton e poi il Repubblicano McCain, insomma era un periodo felice del progressismo di cui iniziavo a sentirmi vicino per idee e valori.

Ora sono passati quasi sei anni e, almeno in Italia, non ho visto alcuna vittoria, ho visto qualche Waterloo e qualche vittoria di Pirro, mai una vera vittoria. Ho visto una sinistra debole nell’identità e nel messaggio politico, una sinistra spaventata e mai veramente coraggiosa. Da sei anni provo a chiedermi il perchè e cerco di trovare delle possibili soluzioni, nella speranza che si apra finalmente un dibattito serio sui temi politici.

La speranza è l’ultima a morire, certo, però se non è morta diciamo che è ibernata da un bel po’ di tempo.

Non ho la convinzione nè la presunzione di credere di avere una bacchetta magica e di avere la verità in tasca, ho solo l’idea che nello schieramento di cui faccio parte ci voglia una svolta. Io credo che non si possa limitare il tutto a un ricambio generazionale, che pure è doveroso, ma ci si debba concentrare sulla politica e sull’indirizzo che si vuole dare alla sinistra italiana.

La sinistra italiana che immagino io è una sinistra forse un po’ utopica, ma avendo diciassette anni credo che mi sarà permesso: Una sinistra nuova nelle forme e nella piattaforma politica, che non abbandoni il motivo di vita della sinistra,ovvero la lotta alle disuguaglianze. Chi crede che la sinistra non si debba più occupare di questo credo che abbia sbagliato parte o abbia inteso male il significato delle parole. Sicuramente è vero che i tempi sono cambiati e che un partito progressista deve rivolgersi a più parti della società, ma se la sinistra smette di rappresentare gli ultimi, smette di ascoltare le piazze di lavoratori, smette di dare risposte al fortissimo disagio sociale crescente di giorno in giorno è meglio che cambi nome e non si chiami più sinistra. Ricordo sempre una bella frase di Nenni in cui diceva che il socialismo fosse portare avanti quelli che sono nati indietro, a me sembra che la sinistra italiana non si sia più voltata indietro verso gli ultimi, ma abbia guardato fin troppo in avanti, come un bambino che prova a correre prima di aver imparato a camminare, cadendo rovinosamente e perdendo vistosamente sangue.

Bisogna ovviamente interrogarsi su chi siano oggi gli ultimi, nel mondo del lavoro come in tutto il resto della società. Oggi gli ultimi non sono più solamente gli operai metalmeccanici, che pure sono stati abbandonati dalla sinistra italiana, ma oggi gli ultimi sono tanti altri: L’ultimo è lo studente di una scuola superiore che ogni anno assiste a un caro libri spaventoso e per studiare è costretto a mettere in difficoltà economica la sua stessa famiglia,l’ultimo è lo studente universitario idoneo non beneficiario della borsa di studio, quello studente che non può pagare la retta e deve andare a lavorare abbandonando gli studi, l’ultima è la giornalista precaria sfruttata che viene pagata tre euro ad articolo, l’ultimo è il giovane avvocato che lavora gratuitamente per anni dal suo capo gravando sulla propria famiglia.

Temo che la sinistra si sia un po’ dimenticata degli ultimi, dei suoi padri, di Berlinguer come di Nenni o di Pertini, che nella sinistra ci avevano creduto veramente. Credo che la sinistra con il suo “senso di responsabilità” si sia dimenticata che la propria responsabilità non è inseguire il rigore economico o alleanze con partiti politici avversari, ma quella di cambiare radicalmente il proprio paese. Il messaggio di cambiamento non può essere ingrigito, pacato, ma forte e deciso perchè sia compreso da tutti, in particolare da chi ha bisogno di aiuto nel nostro paese.

Non sopporto questa rincorsa al centro, questo moderatismo di facciata e certi abbracci mortali con altri schieramenti, che siano il centro o addirittura la destra Berlusconiana. La terza via forse ha funzionato negli anni novanta, ora credo che più che rincorrere gli altri partiti si debba riprendere il proprio elettorato perduto e deluso, un elettorato che ha avuto fin troppa pazienza e nonostante tutto ci crede e ci spera ancora, un elettorato che chiede una giusta redistribuzione della ricchezza, che chiede giustizia, equità, che chiede alla sinistra di fare la sinistra, non altro. Io penso che per rivivere non ci vogliano grandi pozioni magiche o grandi strateghi o endorsment, che a dir la verità hanno portato più sfortuna che altro, ma ci voglia una cosa semplice, ovvero che la sinistra torni a fare la sinistra. Io sono orgoglioso di essere di sinistra, vorrei poter essere orgoglioso anche dei partiti che dovrebbero rappresentare la sinistra italiana, e soprattutto del mio, non credo di chiedere troppo, ecco, solo una cosa semplice.

Berlinguer Pertini

storyteller
Bruno Concas

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